È morto Philip Zimbardo, psicologo e ricercatore di fama mondiale, professore emerito alla Stanford University e direttore dello Stanford Center on Interdisciplinary Policy.
Noto perlopiù per il discusso esperimento della prigione di Stanford, attraverso il quale volle provare la labilità del confine tra il bene e il male, è anche autore della Teoria della prospettiva temporale, che spiega in che modo la percezione che abbiamo del tempo influenza i nostri processi decisionali e il nostro comportamento.
Il significato che diamo al tempo passato, presente e futuro, incide sulla codifica, l’immagazzinamento e il ricordo delle esperienze che facciamo.
Una prospettiva temporale equilibrata è una prospettiva che non pende in modo assoluto verso una delle seguenti modalità e che possibilmente consideri il passato in modo positivo, il presente in modo edonistico mantenendo la capacità di trasformare i desideri in obiettivi e orientata al futuro.
Passato negativo
Le persone con una visione negativa e critica del passato tendono a soffermarsi sui brutti ricordi. Sono persone più facilmente esposte alla ruminazione quindi alla depressione.
Passato positivo
Gli individui con una visione idealizzata del passato mantengono legami con le tradizioni e ricordano il passato con affetto e malinconia. Accolgono soprattutto ciò che è familiare. Potrebbero faticare ad accogliere la novità e a rimanere ancorate al presente.
Presente edonistico
Gli edonisti hanno una visione del presente orientata al piacere. Tendono a essere impulsivi e a prendere decisioni per ottenere vantaggi a breve termine, rischiando di sottovalutare i rischi a lungo termine.
Presente fatalistico
I fatalisti del presente hanno una visione impotente e disperata del presente, la sensazione che il futuro sia predeterminato e che le azioni individuali abbiano scarso impatto sul domani. Questa prospettiva è associata all’apatia e alla mancanza di motivazione.
Futuro
Le persone con una prospettiva dominante sul futuro trasformando i desideri in obiettivi, rimandano la gratificazione e pianificano per realizzare la loro visione. Sono disposte a sacrificare il piacere a breve termine per ottenere ricompense a lungo termine.
Negli stessi giorni, ospitata da Giulia Mondaini nella sua newsletter Passaggi Psicologici, rispondevo che accettare il tempo che passa (la domanda si riferiva al corpo che cambia e invecchia) non è facile perché, più in generale, non è facile accettare che il tempo che abbiamo è contenuto tra la nascita e la morte.
Il tempo della vita, citando Bergson, al contrario del tempo della scienza, è irreversibile. In laboratorio possiamo replicare, tornare indietro, fermare i processi. Non possiamo fare la stessa cosa con la nostra vita e, di questo, in qualche modo, ne abbiamo percezione.
Siamo mente e percezione, ma siamo anche un corpo che, col tempo, si deteriora. Spesso si sente dire alle persone che preferirebbero morire anziché perdere la capacità di fare quello che sanno fare grazie al loro corpo che funziona e questo, dal punto di vista biologico, non è strano se consideriamo che trascorriamo gran parte della vita a imparare l’autonomia.
La distorsione, sul piano cognitivo, sta nel pensare a cosa saremo o non saremo in grado di fare domani, coi bisogni di oggi. Il tempo che passa ci espone alla solitudine. La società in cui viviamo non sempre tutela i più fragili e sentirsi, per qualunque motivo, fragili, spaventa.
Una volta individuata, provare a cambiare la nostra prospettiva temporale è possibile, attraverso un percorso di psicoterapia che insegni a vivere nel presente, una capacità non immediata né scontata in questa parte di mondo, nella quale tutto accade, cambia ed evolve piuttosto velocemente.