C =f`(PxA)
Lewin, 1951
C, il comportamento umano, con i relativi processi psicologici che lo accompagnano, è funzione (f) sia delle caratteristiche della persona (P) che di quelle dell’ambiente (A) in cui si realizza.
Sebbene l’interesse per i nessi tra la persona e il suo contesto, immediato o distale, sia connaturato a tutta la psicologia — trasversalmente ai suoi settori — una sua branca si è però dedicata, soprattutto dagli anni Sessanta in poi, in modo più specifico allo studio delle relazioni tra persona e ambiente considerato nelle sue caratteristiche spaziali e sociali.
La psicologia ambientale può essere definita come lo studio psicologico delle relazioni tra le persone e l’ambiente fisico, anche se molto spesso si tratta di ambiente fisico-sociale. Ciò implica un’attenzione duplice: da un lato ai cambiamenti che l’ambiente induce sulle persone, dall’altro ai cambiamenti che le persone inducono sull’ambiente (Bonnes; Bonaiuto, 2002).
Il rapporto tra essere umano e ambiente è un rapporto imprescindibile; quello dove si incontrano è il punto dal quale scaturiscono esigenze, bisogni e preferenze in un’interdipendenza continua ambiente-individuo e, salendo di livello dal micro al macro, ambiente-gruppo.
Adattarsi all’ambiente, dunque, e adattarlo alle nostre esigenze. L’impressione (nota polemica di chi scrive) è che negli ultimi — molti — anni ci si sia concentrati soprattutto sul secondo aspetto, trascurando il primo, privilegiando, comprensibilmente, il potenziamento delle risorse individuali, dimenticando però che, in alcuni casi, queste ultime incontrano il limite posto dall’ambiente. Un adattamento soddisfacente alle sfide e alle richieste ambientali non si realizza senza un costo; alcune condizioni ambientali pongono richieste che possono eccedere le risorse delle quali l’individuo dispone. Tale squilibrio tra le richieste ambientali e la capacità di risposta umana è noto come stress (L. Steg; A. E. Van Den Berg;J.I.M. De Grot, 2013).
La psicologia ambientale utilizza gli strumenti e le metodologie della scienza umana e si serve di altri ambiti di ricerca e di applicazione della psicologia per comprendere, spiegare, prevenire, intervenire, progettare, orientare.
Già la psicologia definita — architettonica — aveva fatto da apripista alla collaborazione con le istituzioni, nell’ambito della progettazione di spazi, contenuti e/o ampi/urbani che potessero favorire l’incremento dei fattori di protezione nell’ambito della salute mentale, lavorando, al contempo e di conseguenza, sulla riduzione dei fattori di rischio.
Ambienti silenziosi favoriscono il benessere psicologico; a parità di ambiente silenzioso, come ha dimostrato una ricerca dell’Università Cattolica di Scienze Applicate di Friburgo, l’ambiente naturale e la condizione all’aria aperta inducono livelli maggiori di rilassamento, come era accaduto ai partecipanti allo studio (Pfeifer et. Al., 2020).
Studi effettuati nell’ambito delle neuroscienze ci dicono che, a livello cerebrale, è stato osservato come vivere in prossimità di ambienti naturali sarebbe legato ad una migliore funzionalità dell’amigdala, struttura del cervello che lavora nei momenti di stress.
Altri dati suggeriscono un effetto deleterio di particolari condizioni ambientali. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California ha trovato un legame tra l’inquinamento atmosferico legato al traffico e un aumento del rischio di cambiamenti nello sviluppo del cervello, rilevanti per lo sviluppo di disturbi neurologici.
L’esposizione alla natura conduce a una diminuzione dell’impulsività, a sua volta responsabile di una diminuzione dei livelli di stress, ansia e depressione (Dolan, 2018). Un recente studio (Sobko, 2018) ha dimostrato come la qualità del rapporto dei bambini con la natura influenzi il loro benessere a livello emotivo e comportamentale. Allo stesso modo, in alcuni città europee, ci si è concentrati sull’ambiente favorevole alle persone anziane, al fine di tutelare il loro diritto a essere parte attiva all’interno di un ambiente troppo spesso invece insidioso, culturalmente e strutturalmente.
È proprio tra la necessità di modificare il paradigma culturale e di adattare le variabili strutturali che si situa la psicologia ambientale, al fine di migliorare la qualità della vita del bambino, dell’adulto, dell’anziano.
Se è vero che è facile immaginare come un ambiente in cui la natura sia rimasta incontaminata sia di gran lunga più vantaggioso per l’organismo rispetto agli agglomerati di cemento, è meno scontato forse immaginare come poter intervenire per ridurre il divario tra le due tipologie d’ambiente. La sensazione è che vi sia un vissuto collettivo di rassegnazione in tal senso, che lascia spazio a emozioni più attivanti come la paura, l’ansia, la rabbia solo quando le persone impattano con le conseguenze negative di alcuni fenomeni, per i quali il singolo, da solo, riconosce di non poter essere determinante quindi, deresponsabilizzato, continua a reiterare comportamenti dannosi.
Esiste la possibilità di adattare una camera, una casa, un quartiere, una città alle esigenze dell’individuo al fine di tutelare il suo benessere psicologico? Sì, in un gran numero di casi. Intervenire dove l’interdipendenza individuo-ambiente sta causando danni ambo i lati si può, azione non più rilevante dell’intervenire precocemente.
Collaborare con le istituzioni significa anche renderle edotte sulle modalità più efficaci di intervento. Prendiamo il caso della raccolta differenziata: diversi studi hanno dimostrato che interventi fondati sulla manipolazione del comportamento attraverso premi e punizioni, non sembrerebbero essere efficaci nella promozione di cambiamenti a lungo termine. Possono favorire una significativa partecipazione nelle fasi iniziali, di attivazione, ma si scontrano con alcune delle credenze psicologiche degli individui. La risposta che ho sentito dare più spesso, a chi veniva interrogato sul perché non facesse la raccolta differenziata, è: “Se la faccio solo io è inutile”. E ancora: “Tanto i rifiuti li smaltiscono tutti insieme” fino a “Mica sono fissato/a con l’ambiente io!”
È evidente che questo genere di affermazioni fondino su una serie di euristiche di base, le scorciatoie talvolta intraprese dalla mente umana, per giungere a conclusioni veloci, compiendo il minimo sforzo cognitivo. La raccolta differenziata, in Italia, si ha la sensazione venga percepita perlopiù come un obbligo imposto dal quale non ci si può sottrarre (e in alcune regioni è così) o come la scelta di persone “fissate” con la tutela dell’ambiente; un tipico esempio di polarizzazione che non include quello che sarebbe opportuno favorire: la consapevolezza circa i risvolti di un’azione orientata al rispetto dell’ambiente come un’azione collettiva che tuteli il bene comune, restituendo a chi la agisce un’immagine positiva di sé.
La natura non guarisce tutti i mali. Sicuramente rigenera. Quando si tratta del bisogno di riposare e rigenerarsi, di vivere il momento presente e lasciare andare, allora credo che la naturi curi, ma solo se anche noi ci prendiamo cura di lei. Una reciprocità necessaria che troppo spesso dimentichiamo. Lei sarà lì finché continueremo (o inizieremo) a riconoscerle il valore aggiunto che rappresenta nelle nostre vite.