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Il peso del peso

Si può ancora parlare di corpo senza che qualcuno evidenzi che si tratta di bodyshaming?
Si può ancora parlare di nutrizione senza offendere qualcuno?
Posso parlare della mia alimentazione senza che qualcuno pensi io ne sia ossessionata? Posso farlo senza che qualcuno mi dica che sono grassofobica?

Non lo so. Vi dico la verità.
O meglio,  sono sicura si possa fare efficacemente, ma sono meno ottimista sulle eventuali reazioni.  Vi parlo, come sempre, come fossimo al bar. Facile così, direte, non possiamo rispondere. Invece potete farlo:  viva.lanewsletter@gmail.com

Si rende necessario fare una premessa: non esiste, mai, qualcosa di giusto e/o sbagliato per tutti. Esiste quello che è giusto e/o sbagliato per noi, noi che abitiamo il nostro corpo, lo percepiamo, lo mostriamo, chi più e chi meno, lo amiamo, lo odiamo, lo disprezziamo, lo adoriamo, lo critichiamo, lo apprezziamo, lo trattiamo male, bene, così e così. Il nostro corpo col quale siamo liberi di fare quello che vogliamo.

politicamente corretto

locuzione
1. aggettivo
Di condotta, comportamento, modo di dire improntato al pieno rispetto dell’identitàpolitica, etnica, religiosa, sessuale, sociale,ecc. di altri soggetti

(Incluso chi parla, aggiungo io)

Quando ero una studentessa, al primo anno di psicologia, ero una grande appassionata degli studi che venivano citati a supporto delle teorie. La mia preferita è quella alla quale penso quando leggo “Smettetela di parlare di nutrizione sui social”.
Gli studenti di psicologia lo sanno: Alameda non è un’azienda che produce rasoi.

Nel 1965, nella Contea di Alameda, in California, venne avviata un’indagine volta allo studio delle possibili correlazioni tra lo stile di vita e la salute. La ricerca ha interessato un campione di 6.928 persone, di età compresa tra i 20 e i 94 anni; l’indagine, definita longitudinale perché protratta nel tempo, venne replicata mediante due follow-up, nel 1970 e nel 1974. I ricercatori individuarono 7 abitudini, comportamenti, che ipotizzavano fossero rilevanti per la salute delle persone coinvolte (health habits): dormire 7/8 ore al giorno; fare colazione tutti i giorni; non consumare mai (o raramente) cibi fuori pasto; mantenere il peso uguale o vicino a quello ideale; non consumare alcolici (o farlo moderatamente); non fumare; fare attività fisica regolarmente. I primi risultati mostrarono che chi praticava tutte (o quasi) le sette abitudini salutari, si trovava in condizioni di salute relativamente migliori (indipendentemente dall’età, dal sesso e dallo status sociale). Dopo 5 anni, al primo follow-up, la probabilità di sopravvivenza risultava proporzionale al numero di abitudini praticate. Al secondo follow up, il tasso di mortalità tra coloro che praticavano tutte e sette le abitudini salutari, era inferiore a chi ne aveva praticate meno di quattro.

Uno studio di Ford et al., del 2009, svoltosi nella città tedesca di Potsdam, ha interessato 27.548 persone, di età compresa tra i 35 e i 65 anni, contattate a intervalli regolari dal 1994 al 2006. Sono state prese in esame 4 abitudini su tutte: non fumaremantenere un peso uguale o vicino a quello ideale (indice di massa corporea < 30); praticare attività fisica regolarmente (almeno 3 ore e mezzo settimanali) e seguire un sano regime alimentare (calcolato sul consumo medio giornaliero di verdura, frutta, pane integrale e carni rosse). La probabilità di ammalarsi di alcune patologie (diabete, infarto miocardico, ictus e tumori), registrata tra coloro che praticavano le abitudini sopra elencate, era assai inferiore a quella registrata per le persone che praticavano nessuno di quei comportamenti.

Ora, se è vero che il concetto di salute si è ampliato nel tempo e che, per questo, la salute non è l’antitesi della malattia, quindi la presenza di una condizione di patologia non si traduce necessariamente in malessere, è altrettanto vero che sarebbe, a mio avviso, oltremodo sciocco sostenere che “poiché dobbiamo prevenire l’incidenza dell’anoressia nervosa, dobbiamo evitare di parlare di nutrizione, ignorando le indicazioni di chi si occupa di prevenzione e tutela della salute”.

Non siamo poco in salute quando ci prendiamo cura della nostra alimentazione quindi del nostro corpo, ma quando non lo facciamo o lo facciamo in modo sbagliato. Qual è il modo sbagliato? In tal senso, l’obiettivo assume rilevanza.

Perché sono interessata/o a mantenere il mio peso ideale? Qualunque sia la motivazione, comunque meritevole d’esser rispettata, è preferibile abbia due caratteristiche, su tutte:
– sia una scelta consapevole
– sia orientata alla salute

Quando ho deciso di rivolgermi a una bio-nutrizionista sussistevano queste due condizioni, ma soprattutto ero pronta per farlo. Il lockdown, la possibilità di consumare i pasti in casa, la serenità mentale acquisita e una serie di altre condizioni favorevoli, mi hanno permesso di abbandonare abitudini alimentari malsane, che magari non si vedevano in spiaggia, ma se facevo un’ecografia all’addome.

Parlandone ho incontrato reazioni diverse, che vanno dal “Ma tu? Ma non ne hai bisogno” al “Se tu devi fare la dieta, pensa io” e ancora “Ma non ti vergogni a dirlo davanti a chi ha un corpo diverso dal tuo?” fino alla più contraddittoria “Per fortuna che fai la psicologa…”

Che sarebbe come dire “Non ti vergogni di dire che hai smesso di rubare davanti a uno che ruba?” oppure, forse più calzante “Non ti vergogni di dire che hai smesso di fumare davanti a uno che fuma?”. E cosa dovrei fare, accendermi una sigaretta per fargli compagnia? Fare finta che non ho mai fumato?

Il comportamento alimentare è solo in parte determinato da fattori biologici; le credenze dell’individuo, così come la cultura d’appartenenza e l’ambiente fisico e sociale, assumono grande rilevanza.
Di nutrizione è bene parlarne, nella misura in cui ritengo sia bene ribadire, alla luce delle considerazioni fatte, che si può prendersi cura di se stessi, del proprio sistema mente-corpo e lo si può fare intervenendo proprio sui fattori determinanti: le credenze sul cibo e/o sul proprio corpo; il proprio stile di vita; la cultura e l’ambiente, che non possiamo cambiare come singoli, ma possiamo intervenire sull’interazione con essi. È possibile farlo in autonomia o chiedendo aiuto a un professionista.

Quello che sta succedendo, a parer mio, è che si sta privilegiando l’intervento sulla cultura a discapito del resto, su cui sarebbe opportuno agire (o non agire) in parallelo.

Provare a ribaltare il paradigma è un intento nobile, ma non basterà la modella taglia 44 a modificare i comportamenti disfunzionale in relazioni al cibo e/o al proprio corpo.

Come spesso accade, il motivo è da rintracciarsi nella polarizzazione delle opinioni e nell’abitudine a trascurare le diversità; non solo le diversità in relazione ai corpi, a ciò che percepiamo alla vista, ma quelle relative alle vedute, alle letture, ai significati, alle emozioni, ai comportamenti individuali, agli stili di vita, alle abitudini, alle possibilità.

Spesso mi chiedono: “Dottoressa, ma è una colpa volersi migliorare?”. No, non lo è, purché l’obiettivo sia personale, realistico, salutare.
Così come non è una colpa scegliere di non farlo.

L’importante è che lo si scelga, che non vi sia qualcosa che lo impedisce, che arrivi dall’interno o dall’esterno.

L’educazione affettiva, sessuale, ma anche quella alimentare, nell’ottica della prevenzione, dovrebbero essere tradotte in programmi validati, attuati in età scolare.

Se avete superato l’età scolare, come me, potete iniziare giocando a mettere voi, per una volta, un filtro a Instagram quando, per qualche minuto, credete davvero che una barretta di non so cosa a un prezzo che varia dai 3 ai 7 Euro possa trasformarvi nella modella che ve la sta sponsorizzando.  Non me ne voglia la modella, ma tanto non ci crede neanche lei.