La triscaidecafobia (dal greco τρεισκαίδεκα treiskaídeka, “tredici” e φόβος phóbos, “paura2) è la paura irragionevole del numero 13. Il termine apparse per la prima volta nell’opera dello psichiatra e neurologo americano Isador Coriat, “Abnormal Psychology”. La fobia specifica del venerdì 13 è chiamata invece parascevedecatriafobia. La paura del martedì 13 è la trezidavomartiofobia.
Le fobie specifiche, secondo il DSM-5, sono caratterizzate da vissuti di paura o ansia verso o un oggetto o situazione specifici, sproporzionati rispetto al reale pericolo rappresentato dall’oggetto e che causano disagio clinicamente significativo. In sintesi: se ci svegliamo pensando “Oh no, è venerdì 13!”, ma poi andiamo comunque a lavorare, l’abbiamo scampata.
Lo so che sembra difficile crederci, ma parrebbe che la superstizione legata al numero 13 sia di origine scandinava e solo poi si sarebbe diffusa in Europa, complice anche la presenza di un tale chiamato Giuda a una famosa cena finita male. Stranamente, quindi, non l’abbiamo inventata noi, mastri artigiani del pensiero magico.
Vi risparmio tutte le teorie che dovrebbero confermare la superstizione, perché se lo facessi non farei altro che dare da mangiare al bias di conferma che alberga in ognuno di noi e si nutre di tesi antiscientifiche.
Qualcuno ipotizza il numero 13 sia stato esso stesso così sfigato da succedere al numero 12, amato da molti, divisibile per due, per tre, per quattro, per sei; un numero in più invece scombina i piani, spaia l’insieme. Non sarebbe quindi il 13 a non essere all’altezza, ma il 12 a essere fastidiosamente perfetto. Forse l’unica versione che mi sento di appoggiare, una bella metafora di vita che pone il povero numeretto sfortunato nella stessa condizione di chi viene interrogato dopo il trenta e lode di chi è stato esaminato prima di lui. In tal senso, il poverino sarebbe vittima delle nostre aspettative poco realistiche e sarebbe piuttosto facile trovare l’antitesi: il 13 porterebbe sempre sfortuna solo se il 12 portasse sempre fortuna.
Sta di fatto che questo numero sembrerebbe avere un grande impatto sulla società, a differenti latitudini e longitudini. Alcune compagnie aeree saltano la fila e i posti 13 e 17. In alcuni hotel, il tredicesimo piano non esiste o viene utilizzato per i servizi. Ci sono molti altri esempi di aziende e/o servizi pubblici che non sappiamo se propendano all’eliminazione del 13 perché il capo è scaramantico o per evitare che i loro clienti si lascino condizionare negativamente.
Il pensiero magico è l’espediente cognitivo che i bambini dai 2 anni ai 7/8 anni circa hanno a disposizione per vivere in un mondo per loro ancora di difficile comprensione. Se non posso capire perché una cosa succede, non posso evitarla o difendermi qualora ve ne fosse la necessità, quindi se non posso evitare che il mostro cattivo venga a trovarmi di notte posso dormire col mio orsetto di peluche che mi proteggerà dalla visita sgradita.
È importante che i bambini coltivino il loro pensiero magico perché ancora incapaci, alla loro età, di individuare una spiegazione razionale a molte delle cose grandi e incomprensibili ai loro occhi, che accadono nel loro piccolo mondo.
Il pensiero magico non scompare mai completamente; resta lì, a illuderci di poterci aiutare quando accettare l’imprevedibilità del tutto richiede uno sforzo cognitivo/emotivo troppo alto. È una modalità di pensiero che ci offre l’illusione vi sia un collegamento tra eventi che tra di loro non hanno alcuna relazione di causa effetto e/o di influenza reciproca.
Ero uscita con tutte le mie migliori intenzioni e mi è caduta metaforicamente (come no) una tegola in testa? Speriamo almeno che sia il 13 del mese, meglio se martedì o venerdì, così che io non debba accettare che ogni giorno, a prescindere dalle mie intenzioni, qualcosa può sfuggire al mio controllo.
Il mostro degli adulti è il caos e la superstizione un grazioso orsetto di peluche. Il primo obiettivo della nostra mente quasi mai è la verità, ma la coerenza. La tendenza umana a ricercare ordine e coerenza quindi a stabilire nessi di causalità tra gli eventi rischia di andare oltre ciò che è scientifico, verificabile.
Ci sarebbe molto altro da dire sul pensiero magico, su quanti dei pensieri che facciamo ogni giorno afferiscano a questa modalità e su quanto, se portata all’estremo e mai verificata o contrastata, rischia di determinare e/o mantenere alcune forme di psicopatologia. È il caso, ad esempio, del gioco d’azzardo compulsivo.
Tuttavia, mi preme sottolineare che non possiamo fare a meno, talvolta, di pensare in questo modo. L’importante è che il pensiero magico quindi il vissuto emotivo corrispondente non condizioni prepotentemente la nostra vita, il nostro quotidiano.
Applicatevi a pensare razionalmente, attenendovi alla realtà, verificando le ipotesi che vi riguardano e quelle che riguardano gli altri e il mondo. Verificate sulla base delle migliori osservazioni e dei fatti più pregnanti che riuscite a trovare. Smettete di essere inguaribili ottimisti. Liquidate le speranze illusorie. Sradicate i pii desideri a buon mercato. Strappate con decisione i vostri desideri infantili. Verrà l’epoca felice? No. Ma posso almeno promettervi questo: più diverrete scientifici, razionali e realistici, meno sarete preoccupati ed emozionalmente tesi. Non lo sarete mai al grado zero — ciò sarebbe inumano e superumano. Ma lo sarete infinitamente meno. E sarete, via via che gli anni passeranno e la vostra prospettiva scientifica diverrà più solida, sempre meno nevrotici. È questa una garanzia? No, ma è una predizione che probabilmente si avvererà.
(A. Ellis, 1990)